Del Piero è meglio 'e Maradona



MADRID, 6 novembre - Sotto gli occhi di Diego Armando Maradona e con la benedizione dall’alto di Omar Enrique Sivori che lo aveva preceduto in quella ma­glia e in quest’impresa, Ales­sandro Del Piero non poteva sbagliare quel pallone, non po­teva sbagliare partita, non po­teva vivere una notte qualsiasi al Santiago Bernabeu. Lo sta­dio che mancava alla collezione di Alex e che ieri ha aggiunto Alex nella sua lunga galleria di eroi. Una foto con dedica auto­grafata dallo stesso Dieguito che, nell’intervallo, lo applau­diva con gli amici: «Certo che Del Piero non invecchia vera­mente mai» . E la cornice alla fotografia è la standing ovation da brividi che gli dedica il San­tiago al momento della sostitu­zione, un tributo riservato solo ai grandissimi, non ai sempli­cemente grandi.

CHE FELICITA’ - «Sono strafe­lice, perché abbiamo vinto qui, perché abbiamo fatto una gran­de gara, per i due gol. Sensa­zione indescrivibile... Si vive per queste emozioni. Mi ha commosso anche l’applauso del Bernabeu (quest’estate l’aveva ricevuto all’Old Trafford, ndr). Questo è uno stadio pazzesco, era una partita importantissi­ma e segnare raddoppia la mia felicità. Sulle punizioni mi al­leno come sempre, ma questo è davvero un buon momento. Maradona dice che non invec­chio? Lui è fantastico, sono pro­prio contento di aver segnato davanti a lui. Speriamo che venga più spesso a vederci. Lippi mi lascerà a casa per le amichevoli? Ma lui sa cosa pos­so dare, non mi preoccupo e penso sempre all’Italia».

CHE GOL - Due diamanti inca­stonati nella notte madrilena. Due esecuzioni perfette che hanno pienamente giustificato l’ansia di Iker Casillas, alla vi­gilia timoroso delle conclusioni di Alex. L’incubo per il portiere spagnolo continua e l’unica consolazione è la possibilità (non la certezza) di non dover­lo affrontare più. Nella prima guarda il portiere e piazza il pallone con potenza e precisio­ne. La seconda è un’altra puni­zione, forse la più bella di que­sta stagione, tirata da venticin­que metri e che riduce Casillas a un fermo immagine mentre si infila sotto l’incrocio, ammu­tolendo il Bernabeu e facendo saltare per aria quattordici mi­lioni di juventini. «Con Iker avevamo studiato un modo per non farci sorprendere ma non è andata come volevamo», si ar­rende Schuster.

CHE NUMERI - La quarta e la quinta rete contro il Real Ma­drid lo portano a 248 gol con la Juve, 46 in Champions League, 7 in questa stagione, nella quale ha cecchinato: Artmedia, Zenit e Real (tre volte) in Coppa; il Pa­lermo (unico gol non decisivo per una vittoria) e la Roma in cam­pionato. Sta segnando con gli im­pressionanti ritmi della scorsa stagione e - se possibile - è anco­ra più determinante.

CHE UOMO - Non è solo una questione di numeri, infatti. Del Piero segna, ma si carica anche la squadra sulle spalle nei momenti difficili, raduna i senatori per scacciare la crisi: capitano, leader, goleador. Da un Real all’altro, nelle ultime due settimane ha mantenuto la tensione alta, così come prima aveva saputo tenere i nervi sal­di, anche quando poteva farli e farseli saltare. Questa vittoria, timbrata con una doppietta che supera anche il mitico successo di 46 anni fa con gol di Sivori, è in qualche modo un premio, meritatissimo, a chi ha contri­buito clamorosamente alla ri­costruzione di quel sogno che si chiama Juventus. «Quando sce­si in campo a Rimini, due anni fa, in serie B, non avevo nessun dubbio che sarei tornato a gio­care al Bernabeu nel minor tempo possibile. Anzi, proprio il pensiero di poter tornare lì mi ha spinto a giocare a Rimi­ni». Ieri la Juventus è tornata davvero nella sua casa, della quale Del Piero ha portato e fissato moltissimi mattoni. Tant’è che sarebbe ora di pen­sare a qualche soprammobile per arredarla meglio: il Pallo­ne d’Oro, per esempio, non ci starebbe male. E nessuno stor­ca il naso, pensarlo - ora - non è affatto una bestemmia.

Guido Vaciago


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